La Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza n. 41994 del 30 dicembre 2021, ha posto un punto fermo circa la discussa questione della nullità delle fideiussioni bancarie redatte sulla base dello schema ABI. Ha, infatti, affermato la nullità parziale di tali contratti con la conseguenza principale che la Banca, che non ha proposto l’azione di recupero del proprio credito nei confronti del debitore principale nei termini di cui all’art.1957 c.c., decade dal diritto di pretendere l’adempimento nei confronti del fideiussore.
Dunque, qualora la Banca non abbia agito contro il debitore entro il termine di sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale, il fideiussore non è tenuto al pagamento del debito. Mentre, nell’ipotesi in cui il fideiussore ha già pagato il debito, nonostante la nullità parziale del contratto, è legittimato ad un’azione di ripetizione di indebito, cioè a richiedere alla banca la restituzione di quanto già versato.
La Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza n. 41994 del 30 dicembre 2021, ha posto un punto fermo circa la discussa questione della nullità delle fideiussioni bancarie redatte sulla base dello schema ABI. Ha, infatti, affermato la nullità parziale di tali contratti con la conseguenza principale che la Banca, che non ha proposto l’azione di recupero del proprio credito nei confronti del debitore principale nei termini di cui all’art.1957 c.c., decade dal diritto di pretendere l’adempimento nei confronti del fideiussore.
Dunque, qualora la Banca non abbia agito contro il debitore entro il termine di sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale, il fideiussore non è tenuto al pagamento del debito. Mentre, nell’ipotesi in cui il fideiussore ha già pagato il debito, nonostante la nullità parziale del contratto, è legittimato ad un’azione di ripetizione di indebito, cioè a richiedere alla banca la restituzione di quanto già versato.
La Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza n. 41994 del 30 dicembre 2021, ha posto un punto fermo circa la discussa questione della nullità delle fideiussioni bancarie redatte sulla base dello schema ABI. Ha, infatti, affermato la nullità parziale di tali contratti con la conseguenza principale che la Banca, che non ha proposto l’azione di recupero del proprio credito nei confronti del debitore principale nei termini di cui all’art.1957 c.c., decade dal diritto di pretendere l’adempimento nei confronti del fideiussore.
Dunque, qualora la Banca non abbia agito contro il debitore entro il termine di sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale, il fideiussore non è tenuto al pagamento del debito. Mentre, nell’ipotesi in cui il fideiussore ha già pagato il debito, nonostante la nullità parziale del contratto, è legittimato ad un’azione di ripetizione di indebito, cioè a richiedere alla banca la restituzione di quanto già versato.
Fideiussione omnibus, nulle le clausole che violano le norme antitrust
Sezioni Unite: contratti nulli per le sole parti che riproducano quelle dello schema ABI, salvo prova di una diversa volontà delle parti (sentenza n. 41994/2021)
Le banche, nei rapporti con la clientela, solitamente fanno uso degli schemi negoziali predisposti dall’ABI (Associazione Bancaria Italiana). La Banca d’Italia, nel 2005, ha dichiarato contrarie alla disciplina antitrust tre clausole contenute nello schema negoziale per il contrattodi fideiussionea garanzia delle operazioni bancarie (fideiussione omnibus).
In tale contesto, sorge il problema su cui è intervenuta la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con la sentenza 30 dicembre 2021, n. 41994 (testo in calce), la quale ha dovuto rispondere al seguente interrogativo.
Cosa accade se, nel contratto di fideiussione stipulato tra la banca e il cliente (contratto a valle), sono riportate pedissequamente le clausole dello schema ABI (intesa a monte) dichiarate in contrasto con la disciplina antitrust?
Nullità della fideiussione
Il caso più importante di nullità della fideiussione è senza dubbio quello della fideiussione redatta su modulo uniforme ABI.
Mi spiego meglio.
I fideiussori che hanno stipulato un contratto con clausole identiche al modulo predisposto dall’ABI (Associazione Bancaria Italiana) non rispondono con il loro patrimonio dei debiti del debitore garantito.
È quanto ribadito dalla Cassazione (Sent., 22-05-2019, n. 13846), che riprende il principio già affermato in una precedente sentenza (Cass. 29810/2017).
In base a tali principi, le fideiussioni prestate a garanzia delle operazioni bancarie redatte su modulo uniforme ABI sono totalmente nulle in quanto violano il divieto di intese anticoncorrenziali previsto dall’art. 2, comma 2, lett. a), della L. n 287/1990.
L’art. 2 della L. 287/1990 vieta le intese tra imprese che abbiano l’oggetto o l’effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale, anche fissando direttamente o indirettamente prezzi di acquisto o di vendita o altre condizioni contrattuali.
Anche la Banca d’Italia aveva ripreso l’ABI, relativamente alle condizioni generali della fideiussione contratta a garanzia delle operazioni bancarie, con un’ istruttoria dalla quale emergeva che gli artt. 2, 6 e 8 dello schema contrattuale tipo predisposto dall’ABI “contengono disposizioni che, nella misura in cui vengano applicate in modo uniforme, sono in contrasto” con la normativa sopra menzionata.
In sostanza, la Corte afferma che non rileva il comportamento dell’ABI, ma se l’Istituto di credito abbia sottoposto al ricorrente una fideiussione contenente quelle clausole che sono ritenute in contrasto con l’art. 2, comma, 2, lettera a), della legge n. 287/90.
La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la recente sentenza del 30 dicembre 2021, n. 41994, è intervenuta
per dirimere alcuni contrasti interpretativi sorti in relazione alle note vicende riguardanti le fideiussioni
omnibus stipulate secondo il c.d. “Modello ABI” nel periodo 2002 – 2005, anni in cui è stata ritenuta sussistente
un’intesa anticoncorrenziale delle banche beneficiarie delle garanzie.
La pronuncia – molto attesa dagli operatori – ha confermato la soluzione, già maggioritaria nella giurisprudenza
di merito, della c.d. nullità parziale della fideiussione, ed induce a considerazioni rilevanti per tutti gli operatori
bancari, finanziari e del recupero credito, in merito alla gestione di posizioni assistite da garanzie personali
Nullità parziale del contratto di fideiussione a valle dell’intesa vietata
Per le Sezioni Unite, la realizzazione delle finalità perseguite dalla disciplina antitrust è garantita dalla tutela risarcitoria unitamente a quella reale. La nullità parziale delle clausole del contratto di fideiussione a valle tutela ambo le parti:
il cliente che viene tutelato dall’espunzione delle clausole vietate,
e la banca che mantiene in vita la garanzia fideiussoria.
Infatti, la nullità parziale risponde al principio di conservazione del negozio. Secondo l’art. 1419 c.c. la nullità della singola clausola (o di alcune clausole):
non colpisce l’intero contratto se tale clausola è scindibile dal resto del negozio (regola),
si estende all’intero contratto solo nel caso in cui la parte dimostri che quella clausola non gode di “un’esistenza autonoma” ma si trova in correlazione inscindibile con il resto (Cass. 2314/2016); in altre parole, i contraenti non avrebbero concluso il contratto senza quella clausola colpita da nullità (eccezione).
La tesi della nullità totale delle fideiussioni
Il motivo per il quale secondo alcuni la presenza delle clausole in oggetto condurrebbe alla nullità della fideiussione deriva dalla lettura combinata dell’art. 1418 c.c. e degli artt. 2 e 3 della legge n. 287/90. L’articolo 1418 c.c. al comma primo, infatti, dispone che “il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative”. Nella specie, la norma di ordine pubblico violata sarebbe rappresentata dall’articolo 2 della Legge Antitrust il quale vieta “le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare la concorrenza”. Più nel dettaglio, il contratto sarebbe nullo perché diretta conseguenza di un intesa vietata tra imprese e rappresenterebbe, dunque, l’immediato prodotto “a valle” di un intesa viziata “a monte”.
A supporto di quanto osservato si dice che l’articolo 3 della L.n. 287/1990 sanziona con la nullità le intese vietate, in qualsiasi forma esse si manifestino, dacché, essendo primario scopo della norma quello di evitare il prodursi degli effetti di tali alleanze, si dovrebbe procedere alla rimozione totale di ogni loro effetto giuridico. La medesima Corte di Legittimità, del resto, dapprima con ordinanza n.28910/2017 e più di recente con sentenza n. 21878 del 2019, ha chiarito che il mero dato della coincidenza delle condizioni contrattuali pattuite con quelle di cui al Modulo ABI è condizione necessaria e sufficiente per ritenere che l’invalidità dell’intesa “a monte” tra istituti di credito si estenda in via derivata al contratto di garanzia “a valle” stipulato tra la singola Banca e il singolo garante. L’intesa vietata produrrebbe, dunque, la nullità a cascata delle singole pattuizioni e dei singoli contratti senza che sia possibile servirsi del frutto dell’albero avvelenato, eliminando solo talune previsioni contrattuali. Per la nullità totale della fideiussione così redatta si è espressa in ultimo la Cassazione civile, sez. III, 19 febbraio 2020, n. 4175 secondo la quale “la legge antitrust 10 ottobre 1990, n. 287 detta norme a tutela della libertà di concorrenza aventi come destinatari non soltanto gli imprenditori, ma anche gli altri soggetti del mercato, ovvero chiunque abbia interesse, processualmente rilevante, alla conservazione del suo carattere competitivo al punto da poter allegare uno specifico pregiudizio conseguente alla rottura o alla diminuzione di tale carattere per effetto di un’intesa vietata”.
Va infatti “tenuto conto, da un lato, che, di fronte ad un’intesa restrittiva della libertà di concorrenza, il consumatore, acquirente finale del prodotto offerto dal mercato, vede eluso il proprio diritto ad una scelta effettiva tra prodotti in concorrenza, e, dall’altro, che il cosiddetto contratto ‘a valle’ costituisce lo sbocco dell’intesa vietata, essenziale a realizzarne e ad attuarne gli effetti”.
Anche la più recente giurisprudenza di merito si è orientata verso la nullità totale della fideiussione redatta in conformità allo schema ABI del 2003 (ex pluribus: C.A. di Firenze 18 luglio 2018, Tribunale di Belluno, 31 gennaio 2019, Tribunale di Siena 14 maggio 2019, Corte di Appello di Bari 19 maggio 2020).
Così, tra i molti, il Tribunale di Salerno che, con sentenza del 12 ottobre 2020 (Giudice dott. Caputo), ha escluso la possibilità di una nullità parziale a causa della “gravità delle violazioni in esame, – che incidono pesantemente sulla posizione del garante, aggravandola in modo significativo – rispetto ai superiori valori di solidarietà, muniti di rilevanza costituzionale (art. 2 Cost.), che permeano tutta l’impianto dei rapporti tra privati, dalla fase prenegoziale (art. 1137 c.c.) a quella esecutiva (artt. 1175, 1375 c.c.)”.
Secondo il Giudice salernitano la violazione della norma Antitrust “ben giustifica che sia sanzionato l’intero agire dei responsabili di quelle violazioni… nell’ottica di assicurare alla nullità la sua funzione “sanzionatoria“, in questo caso di comportamenti precontrattuali e contrattuali caratterizzati da contrarietà a buona fede ed ai canoni minimi di solidarietà sociale”.
Per tale motivo occorre “assicurare in questo caso la più grave forma di patologia del Contratto, la sua massima manifestazione, senza consentire che, in nome del principio di conservazione degli atti giuridici, possano essere salvaguardate le restanti pattuizioni o, addirittura, che si dia vita ad un’operazione “ortopedica” di sostituzione eteronoma di clausole ex articolo 1339 c.c. (o anche T. Salerno- Sentenza 480 del 5 febbraio 2020 Giudice Dott.ssa Valentina Ferrara).
Omologamente, il medesimo Tribunale di Salerno, con provvedimento del 23 agosto 2018 (sentenza n. 3016/2018 Sez. I Civile) osservava “È nullo il contratto di fideiussione recante le clausole di sopravvivenza, di reviviscenza e rinuncia ai termini ex art. 1957 c.c., proprie dello schema elaborato nel 2003 dall’Associazione Banche Italiane, ritenute dalla Banca d’Italia, con provvedimento n. 55 del 2/5/2005, contrarie all’art. 2 della L. n. 287 del 1990 …Ne consegue che l’art. 2, L. n. 287 citata, allorquando stabilisce la nullità delle intese, non ha inteso dare rilevanza esclusivamente all’eventuale negozio giuridico originario postosi all’origine della successiva sequenza comportamentale, ma a tutta la più complessiva situazione, anche successiva al negozio originario, la quale, in quanto tale, realizzi un ostacolo al gioco della concorrenza. Di talché, qualsiasi forma di distorsione della competizione di mercato, in qualunque forma essa venga posta in essere, costituisce comportamento rilevante per l’accertamento della violazione dell’art. 2 della normativa antitrust”.
La Corte d’Appello di Bari ha dichiarato la nullità totale dei dedotti contratti di fideiussione anche sulla base di un ulteriore motivo. Nel dettaglio, secondo la C.A. la nullità totale deriverebbe non solo dalla violazione di una norma imperativa ex art. 1418 c.c. ma anche dalla comune volontà delle parti senza che possa operare il principio di conservazione del contratto. L’art. 1419 al comma primo prescrive, infatti, la nullità del contratto se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza la parte colpita dalla nullità.
In buona sostanza, considerato che la banca non avrebbe accettato la fideiussione in assenza delle previsioni censurate (come dimostrato dal fatto che nonostante le prescrizioni emanate dalla B.D. abbiano continuato a richiedere il rilascio di fideiussioni mediante i moduli contrattuali contenenti le clausole nulle) va escluso, che un contratto identico a quello stipulato, ma privo delle clausole nulle, sarebbe stato proposto dalla stessa (Corte d’Appello di Bari- Sentenza 19/05/2020, n. 730).